lunedì 13 aprile 2015

Stereocensioni - Sùn Ná, Max Fuschetto, 2015

Stereocensioni, Stereobus, illimitarte, Mauro Boccuni
Non è semplice riuscire a ridurre, in un commento scritto, tutte le riflessioni suscitate da un progetto artistico complesso e articolato come "SUN NA'" di Max Fuschetto.

La prima suggestione alla quale mi aggrappo, per evocare il flusso onirico dei suoni ai quali mi cullo mentre scrivo, è il rammarico di non sapere quale sia il codice ASCII per riprodurre con correttezza gli accenti gravi e acuti corretti sulle lettere U e A del titolo del cd.

Uno dice: ma perché? Che c'entra con "Sùn Ná", questa pietanza sonora così ricca, variegata, a tratti magmatica per i lenti cicli di impasto e di lievitazione della materia che tutto il team dei musicisti ha lavorato e lavorato fino alla fotografia fissata nel cd?


C'entra! Max Fuschetto come un trovatore ci offre le sue scoperte semantiche, i suoi agganci fatti di apparenti casualità, tesse le sue trame fino ai limiti del possibile controllo dato ad un compositore, arrangiatore e musicista e IO mi permetto di perdermi per due codici ASCII!

Pazienza, il titolo ve lo farò apprezzare tramite la copertina, e l'autore non se ne avrà a male :)

Ma rammarico sì, perché è un'operazione colta e popolare, come molte altre voci del web e della carta stampata hanno già sottolineato dall'uscita del cd.

E questa dicotomia - tra la complessa semplicità del popular e l'apparente distacco delle forme musicali più ardite - oramai da lungo tempo sanata dall'evidenza, dell'inevitabilità e dalla realtà della storia musicale, è una conditio sine qua non oramai acquisita dal percorso artistico di Max Fuschetto.

Quindi mi spingerei oltre.

Come sa chi mi frequenta, non sono solito perdermi in dissertazioni filosofiche per descrivere il linguaggio musicale in altre forme, quelle letterarie, che non ho l'ambizione di destreggiare nè di sostituire all'ineffabilità dell'autonomia espressiva di un linguaggio che si regge benissimo da solo.

Però di questo lavoro posso scrivere partendo da altri presupposti.

Innanzitutto, cosa può aspettarsi un appassionato o anche un ascoltatore medio da questa prova.

"Sùn Ná", al di là dei suoi nobili presupposti di ricerca, di sintesi, di suggestione etc... suona come un disco di new age.

Mi rendo conto che non sembra un pregio, perché un lago di suoni senza fili e riferimenti che richiede un ascoltatore disposto a lasciarsi sprofondare per un'esperienza estetica lunga (40') o esaspera o accompagna una terapia. E perché no, poi? Che male ci sarebbe?

In "Sùn Ná" prevale un clima molto evocativo di visioni, spiriti, visto e non visto, luci e ombre, miraggi e cadute sul selciato, come d'altronde suggerisce la duplice assonanza/significato della parola sunnà "sognare" in napoletano e "dormi, ora" in lingua yoruba, una lingua africana.

Old Age o no che esso sembri o sia, la dimensione magmatica di questo lavoro articolato, se non addirittura faticoso all'ascolto dei suoi 40', perché non segnato da tappe evolutive di un ipotetico spunto narrativo, è contrassegnato dalla traccia n° 9 "Samaher" che è LA traccia che vale, a mio personale parere, l'acquisto immediato di "Sùn Ná".

Un canto, una preghiera o meglio un'invocazione per una vodoo dance, malata, malinconica e maledetta, una mantra song che finisce dove inizia tra una lontana eco modale di "So what" e un accento di "Ascension".

E sei nelle acque profonde degli inferi, dove qualche mistero è ancora insoluto, è ancora accessibile solo ai sognatori. Quelli però che lo fanno ad occhi chiusi :)


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